Il Giro arriva da Sorbolo, segue la statale della Cisa e passa da Brescello. Passa “in quella fetta di Pianura padana fra il Po e l’Appennino”, come scrisse Giovannino Guareschi che racconta un mondo piccolo fatto di gente genuina, di cappelletti in brodo e di salumi, di liti, dispetti, di storia e di cinema. Il mondo di Don Camillo e Peppone  protagonisti, ormai quasi ottant’anni fa, di quel capolavoro cinematografico di Julien Divivier che ancor oggi spiega cos’era il cinema e cosa dovrebbe essere. Un tuffo nel passato. Il Po, i luoghi, le statue che mettevano di fronte due giganti come Fernandel e Gino Cervi in una sfida tra il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana che a vederla oggi fa sorridere ma lascia anche un po’ (un bel po’)  di rimpianto e di dolce malinconia per una politica e per un mondo con più stile dove alloggiavano eleganza e buoni sentimenti.

Tutto da queste parti ruota attorno al sindaco comunista e al prete. Tutto a cominciare da un museo dove sono custoditi i cimeli, le locandine, le foto, la moto di Peppone, l’abito talare di Don Camillo, le biciclette usate nella scena finale del terzo film, il sidecar. Il Giro passa da Brescello con una volata tra via tra via Allende e la statua di Don Camillo e poi va via dritto verso Viadana. Una tappa con foto in bianco e nero, che fila via tra paesi e paesini sulla via Emilia.

La via Emilia è la strada di  Giovannino Guareschi per una storia che il papà di Don Camillo e Peppone ha scritto anche un po’ in bici su quella che non è ovviamente solo una via di comunicazione.  “Tra la via Emilia e il West” cantava Francesco Guccini perchè la Via Emilia è un simbolo, una leggenda che racconta tanti mondi, che racconta le persone,  le vite, le passioni,  i profumi, un modo di vivere che oggi combatte con fabbriche e centri commerciali e con il traffico che rischia di soffocare ogni cosa.  Ma il mito resta.  Per Guareschi, come il Po cominciava a Piacenza, l’antica strada consolare era quella che cominciava a Piacenza e  andava fino a Rimini. Solo quella: “L’ambiente è un pezzo della Pianura padana e qui bisogna precisare che, per me, il Po comincia a Piacenza.- scriveva Guareschi nel suo Mondo Piccolo–  Il fatto che da Piacenza in su sia sempre lo stesso fiume, non significa niente: anche la Via Emilia, da Piacenza a Milano, è sempre la stessa strada; però la Via Emilia è quella che va da Piacenza a Rimini. Non si può fare un paragone tra un fiume e una strada perché le strade appartengono alla storia e i fiumi alla geografia…”.

La via Emilia è un pezzo dell’anima che fu. Uno scrigno di racconti e poesia, una “pedalata” nella storia in un’umanità periferica, l’umanità della Bassa,  che vive e lavora sul fiume, quella che sembra non contare perchè non occupa posti di potere, che apparentemente non fa la storia ma che è un’umanità cui guardare con occhi pieni di stupore. Una pedalata tra i personaggi  che Guareschi ha creato in quel Mondo Piccolo  “che  non è in nessun posto fisso ma è un puntino nero, che si muove assieme ai suoi pepponi e ai suoi smilzi, in su e in giù, lungo il Po, per quella fettaccia di terra che sta tra pianura e l’Appennino”. Un’umanità reale, concreta, grande e allo stesso tempo anche meschina dove c’è spazio per tutti,  buoni, meno buoni, normali, strambi,  diavoli e anche santi  che tali sono anche senza  magari saperlo.  È qui che si intrecciano le storie. E qui che è passato il Giro. E qui che ha vinto oggi Olaf Kooij. Ma per un volta è solo un dettaglio…