Il decreto-legge 21 maggio 2025, n. 73 – già battezzato “Decreto Infrastrutture” – è entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 116 dello stesso 21 maggio, assumendo natura di intervento omnibus volto a presidiare, in un quadro normativo unitario, la continuità dei grandi cantieri strategici, la tenuta del sistema dei contratti pubblici, l’efficienza della logistica ferroviaria e stradale, la corretta gestione del demanio marittimo e portuale nonché il rispetto delle milestone PNRR e degli obblighi eurounitari.

L’urgenza che sorregge tale corpus emerge fin dal primo articolo, dedicato al collegamento stabile fra le due sponde dello Stretto: l’intervento sul comma 3, lettera b-ter) dell’art. 4 del d.l. n. 35/2023 – che già dettava disposizioni urgenti per la realizzazione del Ponte – rende ora inderogabile la costituzione del collegio consultivo tecnico, disciplinandone la funzione deflattiva del contenzioso ma, al contempo, comprimendone le competenze economiche mediante una riduzione parametrica del cinquanta per cento rispetto ai compensi ordinari, calcolati ex art. 1, comma 4dell’allegato V.2 al Codice dei contratti pubblici – d.lgs. n. 36/2023. La scelta legislativa, che mutua esperienze già sperimentate nel settore delle grandi opere, mira a scongiurare, sin dalla fase esecutiva, il rallentamento dell’iter realizzativo del “Ponte sullo Stretto”, individuato quale infrastruttura prioritaria a livello europeo.

Ben più ampia è la riscrittura delle procedure emergenziali in materia di appalti pubblici operata dall’art. 2, che incide direttamente sul d.lgs. 36/2023 articolando un doppio binario: da un lato la “somma urgenza” di cui all’art. 140, ora rifusa in una disciplina autonoma; dall’altro le procedure di protezione civile,disciplinate dal nuovo art. 140-bis. La norma, in sostanza, riconfigura la somma urgenza come fattispecie distinta da quella, più complessa, dell’emergenza di protezione civile, spostando la definizione della prima nel nuovo comma 1-bis dell’art. 140 ma lasciandone immutati i presupposti sostanziali: ne discende che la situazione rimane qualificata come “sommamente urgente” finché persistano pericoli per l’incolumità pubblica, con un orizzonte temporale di quindici giorni dall’evento, prorogabili solo entro i confini stabiliti nell’eventuale declaratoria statale ex art. 24 del Codice della protezione civile – d.lgs. n. 1/2018. Dentro tale finestra temporale la stazione appaltante può procedere ad affidamenti di lavori, servizi e forniture, ma l’intervento abroga la possibilità – introdotta in via eccezionale nel 2023 – di superare i tetti dell’affidamento diretto previsti dal comma 1 per importi superiori a cinquecentomila euro (in caso di lavori) o al triplo della soglia UE (per servizi e forniture). L’effetto combinato di tale eliminazione e della contestuale soppressione dei commi 11 e 12 (ora trasfusi nel 140-bis) è di ricondurre l’istituto della somma urgenza entro confini più coerenti con i principi di proporzionalità e concorrenza che permeano il diritto dell’Unione europea.

Il nuovo art. 140-bis, dedicato in via esclusiva alle emergenze di protezione civile di cui all’art. 7, comma 1, lettere a), b) e c) del relativo Codice, innesta una disciplina di maggior respiro, giacché il legislatore conferma la possibilità di concedere, in presenza di eventi di particolare gravità, affidamenti diretti sopra soglia per un periodo massimo di trenta giorni, purché tale strumento sia strettamente necessario e sia stato espressamente autorizzato nei provvedimenti commissariali adottati ai sensi dell’art. 24, comma 2 del d.lgs. n. 1/2018. La norma, che non richiama testualmente i limiti soglia europei, ha già alimentato un dibattito interpretativo: secondo un orientamento letterale la novella aprirebbe ad affidamenti diretti senza tetto comunitario; una lettura sistematica, viceversa, richiama implicitamente quei limiti attraverso il rinvio che lo stesso art. 140-bis fa all’art. 140 e, più in generale, all’imperativo di non sacrificare i principi eurounitari di trasparenza e concorrenza. È verosimile che la prassi applicativa si assesti su quest’ultima soluzione, privilegiando l’utilizzo della procedura negoziata senza bando come modulo derogatorio principale, in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia.

Sempre nel medesimo alveo emergenziale, il legislatore ha riportato in vita, con alcune integrazioni, la clausola derogatoria generalizzata per gli stati di emergenza di rilievo nazionale: il comma 3 dell’art. 140-bis consente di discostarsi da una serie di articoli del Codice dei contratti pubblici (si pensi, tra gli altri, all’art. 14 sulla stima del valore dell’appalto, all’art. 37 sulla programmazione, o all’art. 54 sull’esclusione automatica delle offerte anomale anche con meno di cinque partecipanti), circoscrivendo tuttavia tali deviazioni al perimetro strettamente indispensabile per fronteggiare la crisi e mantenendo intatti i parametri di cui alle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE. A ciò si accompagna, al comma 4, la conferma – già nota nel regime previgente – del raddoppio delle soglie per affidamenti diretti in contingenza emergenziale, purché entro i limiti comunitari, nonché l’estensione da dieci a trenta giorni dell’intervallo concesso al RUP per la perizia giustificativa, rafforzando la capacità di reazione delle amministrazioni procedenti.

Di grande rilievo pratico risulta, poi, l’ulteriore modifica introdotta in materia di certificati di esecuzione lavori (CEL) per lavori subappaltati. Il “Decreto correttivo” al Codice dei contratti pubblici – d.lgs. n. 209/2024 aveva riservato l’utilizzo di tali certificazioni, ai fini della qualificazione SOA, ai soli subappaltatori, privando l’appaltatore principale della facoltà, storicamente riconosciutagli, di far valere la porzione di lavori eseguiti in proprio. Tale disposizione, oltre a sollevare dubbi di costituzionalità e compatibilità eurounitaria, non era stata accompagnata da disciplina transitoria. L’art. 2, comma 1, lettera f) del “Decreto Infrastrutture” colma questa lacuna attraverso l’inserimento del comma 3-bis all’art. 225-bis del Codice, prevedendo che a tutte le procedure i cui bandi siano stati pubblicati prima del 31 dicembre 2024 (o, in assenza, alle procedure negoziate avviate mediante invito entro la stessa data) continuino ad applicarsi le pregresse regole, permettendo all’appaltatore di computare i CEL dei lavori subappaltati ai fini della cifra d’affari complessiva. Dal 1º gennaio 2025 la limitazione, invece, esplicherà a regime i suoi effetti, esonerando nel contempo il passato da incertezze applicative.

Sul versante economico-finanziario, l’art. 9 veicola un meccanismo di revisione prezzi che si colloca in deroga rispetto all’art. 29, comma 1, lettera b) del “Decreto Sostegni-ter” d.l. n. 4/2022. La norma individua una platea di contratti di lavori che, pur recando nei documenti di gara il rinvio all’art. 29, lettera a), non hanno potuto attingere ai diversi fondi ministeriali istituiti dagli artt. 26 e 27 del d.l. n. 50/2022. A tali contratti il legislatore estende la disciplina revisionale oggi cristallizzata nell’art. 60 del nuovo Codice, purché il quadro economico contempli accantonamenti per imprevisti in misura compresa fra il cinque e il dieci per cento del valore dei lavori e ne risulti disponibile almeno la metà, al netto degli impegni contrattuali assunti. In tal modo, si offre alle stazioni appaltanti uno strumento flessibile per sterilizzare l’impatto inflattivo senza oneri aggiuntivi sul bilancio pubblico, ma attraverso la riallocazione di risorse già stanziate sul capitolo dell’intervento.

La materia concessoria non viene trascurata: l’art. 11 innesta, all’interno della legge sulla concorrenza 2023 l. n. 193/2024, il nuovo comma 1-bis dell’art. 16, consentendo fino al 31 dicembre 2026 l’inserimento di interventi manutentivi straordinari nei bandi relativi alle concessioni autostradali scadute o in scadenza, anche in assenza del preventivo aggiornamento del piano degli investimenti di cui all’art. 13 della stessa legge. Tale previsione, volta ad accelerare la rimessa in gara delle tratte e ad evitare soluzioni di continuità nella manutenzione della rete, prevede che gli interventi confluiscano nel piano in sede di primo aggiornamento successivo, realizzando un raccordo dinamico fra pianificazione e procedura competitiva.

Completa il quadro l’art. 15, che interviene sul d.l. n. 16/2020 relativo all’organizzazione dei XXV Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026: all’amministratore delegato della società di scopo viene attribuita ope legis la qualifica di commissario straordinario per la realizzazione delle opere elencate nel nuovo allegato 1-ter, con l’effetto che il soggetto cumula i poteri speciali di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 4 del d.l. n. 32/2019 “Decreto Sblocca Cantieri” in materia di ordinanze in deroga, ferma restando l’intangibilità dei principi europei, della normativa antimafia e delle regole sul subappalto. La concentrazione di poteri e responsabilità in un’unica figura mira a scongiurare ritardi nella cantierizzazione degli impianti necessari all’evento, replicando un modello commissariale già sperimentato in occasione di altri grandi appuntamenti sportivi.

Nel loro insieme, le misure contenute nel “Decreto Infrastrutture” disegnano un equilibrato compromesso tra celerità procedimentale e presidio delle garanzie concorrenziali, incidendo tanto sull’architettura sostanziale del Codice dei contratti quanto sulla governance straordinaria dei grandi progetti infrastrutturali. Al legislatore, nelle prossime settimane, il compito di accompagnare la conversione in legge con eventuali limature, specie sui profili di compatibilità eurounitaria delle deroghe emergenziali e del nuovo regime dei CEL, mentre alle stazioni appaltanti spetta l’onere di declinare sin d’ora le novelle, calibrando le scelte operative su un tessuto normativo che, pur in continua evoluzione, mantiene quale stella polare i principi di trasparenza, parità di trattamento e buon andamento dell’azione amministrativa.

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