La risposta n. 151 del 10 giugno 2025 dell’Agenzia delle Entrate riporta in primo piano, per gli enti territoriali, il delicato equilibrio fra natura pubblicistica dell’azione amministrativa e qualifica di soggetto passivo d’imposta quando l’amministrazione locale, nel quadro del partenariato pubblico-privato, trasferisce al concessionario la proprietà di beni immobili come corrispettivo in natura delle opere di riqualificazione urbana. Il chiarimento prende le mosse da un quesito formulato da un Comune che, fin dal 2015, aveva programmato la rigenerazione dell’area dell’ex stazione ferroviaria attraverso un contratto di concessione e, in vista della gara, intendeva accertare se l’alienazione gratuita di aree edificabili e fabbricati – prevista dall’articolo 177, comma 6, del d.lgs. 36/2023 quale forma di contributo alternativa a quella finanziaria – rientrasse nell’ambito dell’IVA oppure dovesse considerarsi esclusa per carenza del requisito soggettivo, con conseguente applicazione dell’imposta di registro nella misura del nove per cento.

L’Agenzia, muovendo dal diritto unionale – in particolare dall’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE – e dal consolidato orientamento della Corte di giustizia (sentenze Isle of Wight Council, C-288/07, e Gmina Wrocław, C-276/14), rammenta che lo Stato e gli enti pubblici non sono soggetti passivi soltanto quando operano jure imperii, ossia nell’esercizio di poteri autoritativi che escludono ogni simmetria contrattuale. Quando, invece, l’ente agisce in regime di diritto privato, inserendosi in un rapporto fondato su obbligazioni corrispettive tipiche del mercato, l’operazione assume piena rilevanza ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. Nel diritto interno la medesima distinzione è riflessa nell’articolo 4, secondo comma, del d.P.R. 633/1972, che assoggetta a IVA le attività degli enti pubblici se non esercitate in veste di pubblica autorità.

Nel caso concreto, il contratto di concessione esaminato dall’Amministrazione finanziaria è caratterizzato da clausole penali, meccanismi di risoluzione per inadempimento e obblighi di risarcimento danni, elementi che delineano un rapporto sinallagmatico tra il committente pubblico e l’operatore economico privato selezionato mediante procedura a evidenza pubblica. Il trasferimento dei beni immobili, pur qualificato formalmente come «gratuito», si configura quale vero corrispettivo in natura delle attività di progettazione, realizzazione e gestione dell’intervento; la relativa base imponibile coincide con il valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 13, secondo comma, lettera d), del d.P.R. 633/1972 e richiamato dall’articolo 2, terzo comma, lettera b) per le cessioni gratuite con diritto a detrazione. Ne discende l’assoggettamento dell’alienazione all’IVA ordinaria, con esclusione dell’imposta di registro proporzionale, salvo la tassazione in misura fissa sugli atti meramente dichiarativi connessi all’operazione.

Il pronunciamento si colloca in linea di continuità con la prassi pregressa – si richiamino la risoluzione 395/E/2002 e la circolare 34/E/2013 – ribadendo che il contributo patrimoniale mediante cessione di beni sostituisce il contributo pecuniario e, proprio perché economicamente valutabile e inserito in un rapporto oneroso, non può essere neutralizzato invocando la qualifica pubblicistica del cedente. In concreto, i Comuni che intendono strutturare partenariati dovranno prestare particolare attenzione alla corretta determinazione del valore normale dei beni, alla tempestiva fatturazione, all’impatto sul pro-rata di detrazione e alla coerente contabilizzazione delle relative poste di entrata e di spesa, così da evitare squilibri sulla sostenibilità finanziaria del project financing.

Sul piano sistematico, il chiarimento si armonizza con la logica del nuovo Codice dei contratti pubblici, che favorisce l’integrazione fra investimento pubblico e apporto del privato, ma al contempo ribadisce che l’amministrazione, quando negozia sul mercato avvalendosi degli strumenti dell’autonomia contrattuale, riveste il ruolo di soggetto IVA a tutti gli effetti, in ossequio al principio di neutralità concorrenziale che permea l’imposta armonizzata. Gli enti locali sono dunque chiamati a rivedere le prassi tradizionali di esclusione da IVA delle dismissioni patrimoniali, predisponendo fin dalla fase di gara clausole che tengano conto dell’imposizione e, soprattutto, sviluppando analisi di convenienza finanziaria che comparino l’opzione del contributo in denaro con quella della cessione immobiliare assoggettata a IVA.

La risposta n. 151/2025 non si limita a risolvere un singolo dubbio interpretativo, bensì offre un principio di portata generale: ogniqualvolta la pubblica amministrazione scelga la leva patrimoniale come forma di contribuzione nell’ambito di un partenariato, il trasferimento dei beni costituisce operazione imponibile e deve essere gestito con la medesima disciplina civilistica e fiscale che vincola qualunque operatore economico, a tutela della neutralità dell’imposta e della parità concorrenziale nei rapporti pubblico-privati.

La domanda ora è la seguente: quante sono le opere a rischio “ripresa” fiscale?

Tag: , , , ,